Il pane del reverendo Graham
Avrebbe fatto tutta la vita l’insegnante se la salute glielo avesse permesso. Ma Sylvester Graham fu costretto a riconsiderare il suo futuro. Perciò decise di studiare da pastore, prese moglie e diventò un predicatore.
Chiariamoci: non è che occorresse star chini sui libri per portare al pascolo il bestiame. Ma lui voleva pascolare le anime, per condurle sulla retta via e scongiurare che si smarrissero nei meandri della perdizione.
Non era un’idea così balzana: nascere a fine Settecento diciassettesimo figlio di un ecclesiastico calvinista vecchio quanto Matusalemme doveva pur avere un certo peso, nelle scelte di un ragazzo. Il quale – forse perché un barlume di giovanile fervore in quel suo fragile corpo in fondo c’era – ben presto s’infiammò di passione per l’unica virtù che proprio nella guerra a ogni passione trova fondamento: la Temperanza.
Il giovane Sylvester cominciò così a predicare la moderazione, eletta a principio cardine di un intero sistema di vita: in società, a tavola e persino in camera da letto. La sua idea era che ogni eccesso in grado di stimolare il corpo mettesse in serio pericolo anche l’anima: il che, com’è noto, conduce dalla luminosa via della moderazione all’oscuro viottolo dell’astinenza.
Si mise in testa di riformare la società partendo dalla dieta e da prescrizioni igieniche precise. Così iniziò a tenere pubbliche orazioni in Pennsylvania per conto della “Società per la Temperanza” (fa ridere, ma esisteva…) nel corso delle quali metteva in guardia dai pericoli dell’alcool. Ma la sua crociata si estese ben presto a un più ampio fronte di nemici, pericolosi attentatori di una vita salutare e moralmente irreprensibile. Grassi ragù di carne, liquori e spezie furono messi al bando, così come tabacco, tè e caffè: tutti colpevoli di energizzare membra stanche e di allentare i freni inibitori.
Per le attività coniugali, invece, fu stabilito un limite: una volta al mese, il minimo sindacale per non rischiare l’estinzione della specie (il che, dopo tanta fatica creatrice, non sarebbe piaciuto nemmeno al Padreterno).
Se la prese anche con i corsetti femminili, perniciosi a suo dire almeno quanto il cioccolato e i pasticcini. Il suo ardore per la causa era così contagioso che le signore, accorse ai suoi comizi intimamente accessoriate come si conveniva all’epoca, si liberavano della lingerie seduta stante e i suoi accorati appelli alla temperanza finivano in un tripudio di lanci di biancheria.
Ora, nonostante si fosse nell’America d’inizio Ottocento, non è che fossero tutti lì ad aspettare che arrivasse lui a far la paternale a ghiottoni e peccatori. Le sue orazioni sulla castità, pur finalizzate a un intento virtuoso, provocavano regolarmente malori e svenimenti al solo evocare certe pratiche (le signore pare non avessero alternative: o gettavano per aria il corsetto o si afflosciavano prive di sensi sulla sedia).
E a Boston fu una folla di panettieri inferociti ad assalirlo, per quel che andava dicendo in giro sul pane bianco prodotto industrialmente (detto fra noi: aveva ragione lui…).
Certo, il caro Sylvester non doveva essere un tipo facilmente digeribile, a dispetto delle sue preoccupazioni salutiste. Aveva una visione decisamente apocalittica dell’esistenza ed era ossessionato dall’idea che una dieta rigorosa potesse prevenire ogni male. Ma fu a suo modo capace di intuizioni geniali e, per quel tempo, rivoluzionarie.
I suoi ragionamenti avevano spesso bizzarri fondamenti. Spiegava a folle di carnivori impenitenti che, se uomini e oranghi erano tanto simili, non c’era motivo per cui una dieta vegetariana che funzionava per le scimmie non andasse altrettanto bene per gli umani. Dimostrava che chi mangiava carne si ammalava di più, e a chi gli faceva notare che gli Indù erano vegetariani ma morivano facilmente di colera, rispondeva che quelli mangiavano troppe spezie… e poi non erano virtuosi.
Predicava una scrupolosa igiene personale, l’uso di materassi rigidi, e la panificazione casalinga: l’unica in grado di preservare i consumatori dalle sofisticazioni dei panettieri imbroglioni di città.
L’ideale, secondo il buon Sylvester, sarebbe stato che ciascuno potesse avere il totale controllo sugli ingredienti delle proprie pagnotte. Ma anche i suoi seguaci più ortodossi avevano dei limiti: nell’impossibilità di coltivarsi il proprio grano, stoccarlo in casa e macinarne di volta in volta quel che serviva, dovevano pur ricorrere a farine prodotte da altri. Così lui s’inventò la Graham flour, ottenuta macinando separatamente le varie componenti dei chicchi di grano. Non soddisfatto, mise a punto la ricetta dei Graham crackers (delle gallette in origine assai morigerate, ben diverse da quelle con cui oggi si prepara la cheesecake), e quella del Graham bread, un pane ad elevato contenuto di fibre. E si premurò pure di scrivere un trattato sulla panificazione.
La questione gli stava così a cuore che per dimostrare che il pane bianco e morbido (un velenoso regalo che la Rivoluzione Industriale aveva fatto all’umanità) rammolliva la gente, si mise a intervistare dei rudi cacciatori di balene, convinti che le pagnotte stantie che mangiavano per mare contribuissero al loro vigore. Insomma, perché il suo regime dietetico conducesse a una vita davvero salutare – e moralmente irreprensibile – servivano letti e pagnotte duri come sassi…
I suoi seguaci si organizzarono a migliaia, stampando i testi delle sue conferenze, gestendo mulini e perfino pensioni che garantivano agli ospiti uno standard di “purezza” sotto ogni profilo. Ma il bizzarro “sistema Graham” passò presto di moda: forse perché nessun vero peccatore ama essere paragonato a un banale goloso, e i golosi non amano sentirsi peccatori.
Il caro Sylvester, dopo anni da talebano trascorsi a caccia di piaceri da additare come peccati, finì i suoi giorni anzitempo: morì poco più che cinquantenne, a dispetto di tutte quelle orazioni piene di divieti, che promettevano lunga vita in questo mondo prima ancora di quella eterna.
Le signore tornarono a credere nelle frizzanti costrizioni della lingerie e i fornai continuarono indisturbati ad adulterare le pagnotte, sempre più bianche, morbide e finte.
Ma resta il fatto che saremmo tutti un po’ meno salutisti, meno tendenzialmente vegetariani, e meno attenti a quel che mangiamo se non fosse stato per il bizzarro reverendo Graham.
Per questo – io che non amo gli esagitati di alcun genere (tantomeno in cucina) – mi sono appassionata a questa storia. E ve l’ho voluta raccontare, a modo mio. Fa niente se la Graham flour me la sono fatta in casa, con un procedimento tutt’altro che ortodosso capace di far svenire persino il buon Sylvester. D’altronde non sono mai stata una purista. Nemmeno quando si tratta di peccati a base di lievito e farina…
Saluti e baci (virtuosi e infarinati),
S.
IL PANE DEL REVERENDO GRAHAM
INGREDIENTI
farina Manitoba: 220 g
farina bianca 00: 200 g
crusca di grano: 80 g
germe di grano: 20 g
sale fino: 1 cucchiaino
malto d’orzo: 1 cucchiaio abbondante
melassa: 1 cucchiaio
lievito di birra: 25 g (un cubetto)
acqua: 200 ml
Fate intiepidire l’acqua, scioglietevi il malto e sbriciolatevi il lievito. Mescolate finché non si sarà sciolto completamente e lasciate riposare in un luogo riparato per 10 minuti.
Nel frattempo mettete in una grande ciotola le due farine, la crusca, il germe di grano e il sale. Se avete una frusta a mano usatela per mescolare il tutto (non c’è niente di meglio per arieggiare le farine, soprattutto se le avete lasciate impacchettate a lungo nella dispensa…). Fate una fossetta al centro.
Aggiungete la melassa al liquido con il lievito, mescolate vigorosamente e poi rovesciatelo nella ciotola delle farine, facendo attenzione a non farlo uscire dalla fossetta. Coprite con qualche cucchiaiata di farina presa dai bordi e lasciate riposare il lievito sotto la coperta di farina per altri 10 minuti.
A questo punto mescolate con un cucchiaio e poi, quando non ce la fate più, passate alle mani. Impastate inizialmente dentro la ciotola e poi sul piano di lavoro: 10 torciture sono più che sufficienti (soprattutto se vi ricordate di sbattere l’impasto con forza sul piano per 4-5 volte a metà lavorazione).
Rimettete l’impasto lavorato dentro la ciotola ben lavata, ungetelo con un cucchiaino d’olio, sigillate con della pellicola e fate riposare finché il volume non raddoppia (ci vorrà un’ora, suppergiù).
Accendete il forno a 220° e rivestite di carta forno uno stampo da pane (o uno da cake, che è solo un po’ più stretto…).
Mettete in forma l’impasto (se siete alle prime armi, leggetevi la nota), infarinate leggermente la superficie, copritela con un pezzo di pellicola (infarinate pure questa, sennò si appiccica e vi viene una pagnotta che pare un porcospino…) senza sigillarla e fate lievitare finché non fuoriesce dai bordi dello stampo di circa due dita.
Infornate il vostro pane e cuocetelo per circa 40 minuti (ma ricordatevi che ogni forno è diverso). Se volete una crosta più croccante, estraetelo dallo stampo e continuate la cottura per altri 10.
Aspettate che si sia raffreddato prima di affettarlo: non troppo sottile, e possibilmente al cospetto di qualcosa di buono – dolce o salato – che gli tenga compagnia.
Del resto, nessun peccato serio si può mai commettere da soli…
———————–
La silhouette di una pagnotta…
… richiede un po’ di applicazione (come quella delle signore, del resto). Allargate delicatamente con le mani l’impasto in un rettangolo (non sognatevi di imbracciare il matterello), ripiegatelo come fosse una lettera (cioè dividetelo idealmente in 3 parti sul lato lungo e ripiegate i due lembi esterni su quello centrale), sigillate bene i bordi e mettetelo nello stampo. Il quale funziona egregiamente da corsetto (cioè “contiene” graziosamente le forme dell’impasto), ma da solo non basta a produrre una pagnotta che regga bene fuori dal forno.
Altri omaggi al revendo Graham
Non ci crederete, ma mi sono ricordata solo a scoppio ritardato che una ricetta di Graham crackers c’era da tempo, in questo blog. Anche in questo caso, nessun utilizzo di Graham flour già pronta, ma un mix di farine in perfetto stile d’Aubergine (vale a dire: “se non puoi superare l’ostacolo, aggiralo”). Poiché, dopo tutto questo leggere cose varie sul suo conto, il caro Sylvester mi pare quasi di conoscerlo, ho la certezza che da dov’è avrà avuto un mancamento a vedere tutte queste farine eterodosse circolare per la mia cucina. Perciò sarebbe molto carino che qualche sbuffo poco virtuoso comparisse anche nelle vostre…
– Graham crackers
Ingredienti: crusca di grano • farina bianca 0 e 00 • farina Manitoba • germe di grano • lievito di birra • malto d'orzo • melassa
Ti ho letta tutta d’un fiato… ci hai raccontato una storia interessantissima, certo conoscevo il Graham Crackers, ma non sapevo che nascondessero principi tanto virtuosi… Essendo la regina degli eccessi credo che con quest’uomo avrei trovato un pozzo senza fondo di motivi di discussione e certo non li avrei argomentati con moderazione, ma siccome adoro il pane fatto in casa (soprattutto per fare puccia nell’ intingolo dell’arrosto), metto a tacere la coscienza (quale?) e prendo nota
Che meraviglia… è come se potessi sentirne la fragranza… e poi che bella la tua introduzione!
Complimenti, Michela
Serena: Un commento tanto gustoso, il tuo, che me lo sono riletto ben tre volte! Certo, con qualche accenno all’amore per gli eccessi, ma credo che il buon Sylvester ci guarderà con condiscendenza: pecore eterodosse del suo gregge…
Un marito tanto virtuoso, sono d’accordo, non lo avrei voluto nemmeno io: passi per il materasso rigido, ma senza ragù, caffé e cioccolato (a dosi niente affatto moderate…) davvero non avrei saputo resistere!
Resta il fatto che – tra tante stramberie – certe sue idee (magari con toni meno talebani) non erano affatto sbagliate, e guardavano lontano. Perciò ho voluto dedicargli questo pane, anche se la mia Graham flour di produzione casalinga è una vaga idea di quella prodotta nei mulini grahamiti del primo Ottocento.
Ma mi sono divertita un sacco a scoprire, e poi a raccontare, questa storia…
Un caro saluto e grazie per il commento!
Mi incammino inesorabilmente verso l’Inferno, su una via lastricata di panini (bianchi) col salame…
Non conoscevo questa storia che è stata raccontata, come al solito, in modo magistrale. A casa non mangiamo mai pane e quando sono fuori lo limito al minimo necessario. Sarà forse per questo che non ho mai panificato? Buon fine settimana
Michela Sassi: Cara Michela, il pane del reverendo Graham è buono: molto integrale, per via di quel po’ di crusca, ma morbido (e questo non so se sarebbe andato a genio al buon Sylvester…). Quanto all’introduzione, non è altro che la storia – verissima e storicamente ricostruita dalla lettura di tanto materiale, anche in originale – di un personaggio che ha contribuito alla diffusione del movimento vegetariano. Mi piaceva l’idea di raccontarvela, tutto qui.
Un caro saluto e a presto!
Barbara, OcaGattoLetto: Io all’Inferno ci sono già, nel senso che certi pani morbidi mi piacciono (e pure i panini col salame…). Ma adoro tutti i pani fatti in casa dalla consistenza rustica, quelli un po’ integrali, che hanno un sapore pieno e si devono masticare per bene: in questo sono dalla parte del reverendo Graham. Posto che non lo avrei mai preso per marito… Ciao!
Tesoro che storia questa del signor Graham e penso che se fosse esistito oggi avrebbe avuto il doppio del lavoro che ha svolto con cosi tanta tenacia in questa epoca di stravizzi…. e tutto sommato( a parte i corsetti, il ragù e tutto il resto) il suo concetto di cibo sano e salutare non è sbagliato anzi bisognerebbe riscoprirli i cibi salutari quelli poveri di grasso e di calorie ma io da peccatrice e golosa quale sono sarei andata all’inferno per il signor Graham:D!!
Il pane…cosa c’è di più buono…io lo amo e adoro il profumo del pane che si espande in cucina quando è in forno e il tuo…quanto deve essere divino!!
Un bacione grandeeeeeeeeeeee!!!
Roberta – Il senso del gusto: La storia è così divertente che non me la sono sentita di tenermela per me: i blog servono a condividere. Quanto invece al pane, che io semplicemente adoro, tu saresti un caso perfetto per regalarmi una grandissima soddisfazione: se sapessi, un giorno, di essere riuscita a farti preparare una pagnotta in casa… Come il reverendo Graham, penso che quasi tutti i pani industriali siano davvero cattivi (per non parlare di quelli surgelati che ormai hanno invaso i supermercati). Il pane buono per davvero, quello che si può anche mangiare da solo perché ha un sapore, ormai è raro, e spesso anche costoso. Eppure il pane è un alimento antichissimo: per millenni si è fatto in casa, senza macchinette, planetarie, miscele di farine strane… Ecco – senza voler essere talebana – io sono per farselo tutte le volte che si può! Anche perché un pane fatto in casa dura giorni… Un caro saluto!
Ti adoro!
buon weekend
maia
Sara’ che sono cresciuta con la storia piu’ bella che ci potesse essere di Heidi che a Francoforte , tra le difficolta’ iniziali di stare li’..trova un tesoro caro da portare alla nonna di Peter: i panini bianchi e morbidi!!
Poi ben venga la storia del Sig. Graham.. che non conoscevo (ignorante io!) ma vedi, avessi avuto una professoressa come te che mi avesse affascinato a sentirle parlare di Storia, sarei molto piu’ acculturata!!
E ben venga anche il pane duro come sassi, che da buon toscana non disdegno, anzi ne sappiamo ricavare dei piatti poveri e salutari, ma sicuramente sempre troppo peccaminosi per Sylvester!
Cara Sabrine.. il tuo pane pero’ mi affascina e mi sa’ proprio di buono , sano e profumato..
Un abbraccione!
Laura
Che bella storia 🙂 ogni tanto è curioso anche scoprire questi racconti.
Molto buono e fragrante al punto giusto il tuo pane! ottimi consigli, che terremo presenti!
un bacione
Un po’esagerato il Reverendo, ma come dargli torto?Lo ringrazio anch’io .. e ringrazio anche te per aver condiviso questo favoloso pane, mi sembra di sentirne il profumo, fantastico!Buon we 🙂
La storia che racconti è molto interessante, come lo è questo pane….e sai che ho un debole per i tuoi racconti e le tue prove, quindi prendo al volo i tuoi consigli e provo provo provo! UN abbraccio
Hai proprio ragione, un blog serve a condividere e leggere questa storia che – lo confesso – non conoscevo, mi ha davvero appassionata. Hai proprio il dono del racconto. Oltre che quello della cucina, of course!
Buona giornata
dolci a gogo: Cara Imma, essendo tu la regina delle cheesecakes (per le quali servirebbero proprio i Graham crackers), non potevo non dirti di questa storia: io l’ho trovata divertentissima! Quanto al povero Sylvester, certo l’idea degli stravizi di oggi lo avrebbe fatto inorridire… ma bisogna dire che ci sono anche tanti vegetariani che gli piacerebbero, per non dire dei vegani. Insomma: a parte il fatto che nessuna ragazza d’oggi lo vorrebbe per marito, credo che non si troverebbe scarsamente a suo agio in questo mondo! Un caro saluto e a presto
maia: E io adoro la gente entusiasta. E sintetica. Almeno quanto il pane del reverendo Graham. A presto!
Ho letto il tuo commento da Imma e mi sono fiondata…inutile dirti che questo pane mi ha conquistata. Perché è integrale, perché ha una storia, perché ha un’anima. Non vedo l’ora di mettere le mani in pasta!
Complimenti per tutto,
simona
Laura: I panini morbidi della Germania… me li ricordo benissimo, ripieni di affettati meravigliosi. Erano tanti anni fa (mi hai tirato fuori un bel ricordo, sai?). Anche se i miei pani preferiti sono quelli un po’ meno bianchi, integrali e possibilmente con farine varie dentro (mi preparo i mix da sola e nella mia cucina ci sono ben due sportelli dedicati alle farine…). Quanto al toscano, beh… tutta un’altra storia. Perché è bianco, ma non sa mai di finto: è un pane “autentico”, e quando è del giorno prima mi piace ancor di più (se il reverendo Graham l’avesse conosciuto, avrebbe intervistato qualche contadino di Fiesole anziché dei cacciatori di balene!). E adesso non mi resta che invitarti a mettere le mani in pasta… A presto!
gia’ avevo letto della tua collezione di farine e me le sto immaginando!!
cara Sabrine ti prometto che cerchero’ di impegnarmi. considera che : mai messo mani in pasta!!… non ti inorridire ma considerami ufficialmente tua allieva ! a prestissimo!!
Manuela e Silvia: Care ragazze, se davvero avete voglia di provare il Graham Bread in stile d’Aubergine, mi raccomando: fatecelo sapere! Quanto alla storia, era troppo bizzarra e divertente per tenermela tutta per me. A presto!
Meggy: Il reverendo Graham non era certo moderato nelle sue fissazioni culinarie (e non solo), a dispetto di tutte le sue prediche sulla moderazione… Ma resta il fatto che la sua storia è illuminante: a volte le intuizioni giuste (e molte delle sue lo erano) finiscono nel dimenticatoio perché divulgate tra mille eccessi! Tutto ciò detto: buon pane! Perché spero che lo proverai…
Giada: La storia di Sylvester Graham è solo in apparenza una storia d’altri tempi. Di gente più attenta ai divieti che alle gioie della vita è da sempre pieno il mondo. In cucina poi, ce ne sono tantissimi anche oggi di quelli che io chiamo talebani: sempre alla ricerca di piaceri da additare come peccati (i grassi, e il cioccolato, e i lievitati, e le troppe proteine, e i conservanti…). Insomma, voglio dire che almeno a tavola dovremmo essere un po’ più spensierati, più leggeri. Il che non vuol dire non guardare le etichette e non fare attenzione a quello che mangiamo. Se non ci fossero di mezzo tutte le esagitate orazioni del reverendo Graham mi verrebbe da dire: “Moderazione!”. Ma forse basterebbe solo un po’ di sano buonsenso. E sempre molta ironia a condire il tutto. Aspetto notizie della tua pagnotta grahamita. A presto!
Ciao mi chiamo Tiziana trovo questo tuo blog molto interessante e originale. Da oggi tua follower +g. Mi farebbe piacere se anche tu passassi da me per diventare mia sostenitrice e regalarmi qualche consiglio per questa mia nuova avventura nel web. Ciao http://lacucinadipitichella.blogspot.it
Sei sempre esilarante Sabrine, anche quando racconti di pure e virtuose restrizioni!!!
Io sto cercando da un pò di avvicinarmi sempre più ‘radicalmente’ al vegetarianesimo, ma ammetto che è una lotta dura, non tanto per le privazioni, quanto per la nostra tradizione…che Graham mi fulmini!
Un abbraccio,Marika
molto attuale, anche oggi ci sono predicatori salutisti estremi, non mi spingo a tanto ma il pane a casa me lo faccio con il mio lievito madre, una gran soddisfazione! ;-P
(sono più per cedere alle tentazioni…)
Hai superato te stessa! Ci sono certe frasi che continuo a rigirarmi nella mente… E anche alcuni trucchi da perfetta signora del pane che proverò non appena possibile, visto che la forma delle pagnotte non è ancora il mio punto forte. Che meraviglia! Saluti virtuosi
Che bella storia, curiosa e interessante. E poi tu sei molto brava a raccontare!
Francesca
Bellissimo post, scritto impeccabilmente, come sempre! Non avevo approfondito l’argomento, molto interessante, proverò questo pane 🙂
Clara – ladri di ricette: Cara Clara, dico sempre che quello della condivisione – non solo di ricette – è l’aspetto che più mi entusiasma della mia vita da blogger. Di ricettari è pieno il mondo (e la rete), e a me interessa sempre quello che c’è dietro o intorno a una ricetta: che nasca altrove o nella mia piccola cucina. Perciò la storia del Graham Bread e del buon Sylvester mi è piaciuta. Almeno quanto il pane… Ciao!
L’albero della carambola Non potevo non far sapere a Imma questa storia, essendo lei la regina delle cheesecakes (che senza i Graham Crackers non sarebbero tali…). Quanto al pane – una mia rivisitazione del Graham Bread, dato che la Graham flour è di produzione casalinga – è buono: molto integrale, e con un sapore deciso (germe di grano e quel tantino di melassa aiutano, in questa direzione…). Insomma: non uno di quei pani bianchi e mollicci che secondo il caro Sylvester conducono dritti all’Inferno! Facci sapere se lo sforni, mi raccomando. A presto!
Tiziana Pitichella: Cara Tiziana, benvenuta nella piccola cucina sui tetti di FRAGOLE A MERENDA! Passerò volentieri dal tuo blog, e nel frattempo ti faccio tanti auguri per la tua avventura nella food-blogosfera. Molto affollata, molto divertente. Ciao!
Marika: Io credo che ad essere divertente – con risvolti decisamente molto comici – sia la vita: basta guardarla dal lato giusto! Quello che dici sulla dieta vegetariana è molto vero: le nostre tradizioni remano contro (e già ai tempi del reverendo Graham era così…). A casa nostra non siamo vegetariani, ma di carne ne abbiamo sempre mangiata molto poca: semplicemente le verdure ci piacciono di più! Ma non ci verrebbe mai in mente di astenerci dal cioccolato. Che Graham ci fulmini…
Acquolina: Quella dei “talebani del cibo” è una piaga che non ha mai smesso di affliggere l’umanità. Io, che sono invece convinta che chiunque ci abbia messo su questa terra l’abbia fatto con l’intento di renderci felici, non ci penso proprio a vivere il cibo come una penitenza: mangio poco, ma di tutto. Cucino per evitare i cibi già pronti, e preferisco due uova fritte a qualunque pasticcio da fast food. Non ho mai adottato un pezzo di pasta-madre (mi denuncerebbe al “Telefono Azzurro dei Lieviti” per abbandono di minore, essendo io sempre in giro…), ma panifico gioiosamente tutte le volte che posso: cioè spessissimo. E se all’Inferno ci fossero dei ricettari interessanti, ti confesso che un giretto tra le fiamme me lo farei… Ciao!
Laura: La mia collezione di farine vive ormai di vita propria: mio marito sostiene che si accoppino tra loro, perché secondo lui si moltiplicano! Mi dici che non hai mai messo le mani in pasta: ti capisco. La panificazione casalinga è ingiustamente considerata roba da esperti. Ti assicuro che non è così. Qualora volessi cominciare, sappi che ci sono tante ricette semplici di pane negli archivi di questo blog. E se hai bisogno di ulteriori spiegazioni, sono qui! A presto!
Isafragola: Ci sono casi in cui la forma è anche sostanza, e il pane è uno di questi. La forma giusta serve a creare la corretta tensione sulla superficie dell’impasto, in modo tale che la pagnotta non esploda né si afflosci (come le signore ai comizi sulla castità del buon Sylvester…). Come sempre, sono qui se hai bisogno di una mano (mi dico sempre che dovrei farci un post, su tutte queste cose, e per il momento ne ho scritte un bel po’… in un altrove che conosci). Con l’augurio di molte pagnotte virtuose e un bacio alla prole
Francesca C.: Grazie Francesca! La storia del reverendo Graham – che ho ricostruito attraverso letture varie – è davvero interessante, e per questo mi ha fatto piacere condividerla con gli amici di questa piccola cucina. E adesso spero che alle letture seguano molte pagnotte. Virtuose…
Dada: Grazie per il tuo commento! Ma sappi che la gioia per me più grande sarà sapere com’è andata a finire la storia del Graham Bread nella cucina di casa tua… Buona infornata!
povero povero povero Graham, avrebbe avuto vita più facile oggi, dove il ritorno alla purezza del cibo sembra essere maggiormente in voga, sai quanti seguaci avrebbe fatto su! Ma il tuo pane sembra troppo morbido e goloso perché a lui potesse andar bene no? favoloso!
Lara Bianchini: Cara Lara, proprio per questo ho trovato la storia di Sylvester Graham tanto al passo con i tempi: a dispetto di tutte le sue antiquate fisime punitive in fatto di dieta. Purtroppo di gente convinta che la purezza si raggiunga solo con le privazioni ce n’è ancora tanta in giro. Io ho un’idea della cucina piuttosto diversa: faccio attenzione alla qualità degli ingredienti, prediligo sempre la freschezza, faccio attenzione a certi eccessi… ma non mi priverei mai del cioccolato! Né di una bella fetta di pane fragrante, fresco di forno. Come questo della ricetta. Un caro saluto!
Come sempre è un spasso passare da te… coinvolgente la storia, “quasi” peccaminosa la ricetta (sai, a noi peccatori del pane, basta poco per eccedere!) 🙂 ma chissà se riuscirò a replicarla, alcuni ingredienti, non stazionano abitualmente nella mia dispensa…
La storia del reverendo Graham mi ha veramente divertita. In America si sa, erano bacchettoni e un po’ lo sono ancora adesso. Forse occorrerebbe loro ancora un reverendo Graham per combattere la piaga dell’obesità! eheheheh!
Devo rimettermi a panificare, me ne hai fatto tornare la voglia 😉
Piacevolissima lettura domenicale. Grazie Sabrine, ci hai fatto passare (stavolta ho coinvolto anche mia moglie) un’oretta ad immaginare le intemerate del Reverendo Graham e, soprattutto, il profumo ed il gusto del suo pane ortodosso.
Paolo.
Bizzarro e geniale….e forse gli appellativi non bastano, ma la mia curiosità è: se Mr Graham fosse ancora fra di noi ne avrebbe di scudisciate da tirare.
Della serie…reprimenda a destra e a manca, ma chissà in privato;)))))
Mi è piaciuta tantissimo la storia del Reverendo Graham, complimenti per il pane…gli eretici servono a questo mondo e quindi ben vengano 😉
bella la storia del predicatore, diciamo possiamo prendere dal passato le cose migliore in alcune cose non aveva del tutto torto :-)))
i tuoi graham crackers io invece me li ricordavo bene, sarà perché già a suo tempo mi ispirarono parecchio
la storia del rev. Graham non la conoscevo, mi fa venire in mente “piccolo grande uomo” quando il giovane dustin hoffman viene adottato dal predicatore puritano super-moralista e sedotto dalla di lui sensualissima consorte.
che anche graham abbia avuto una moglie del genere?
in attesa di conoscere i dettagli, mi godo la tua pagnotta graham con somma invidia. dopo 5 anni di celiachia ho un rigurgito di nostalgia di pane-pane, e riconosco quello buono a distanza.
lo guarderò dall’alto della montagna sotto la pioggia.
La curiosa storia del signor Graham non la conoscevo…e nel leggerla ho riso non poco, merito della tua abilità nel raccontare. E fregandomene del fatto che la farina l’hai ottenuta in maniera poco ortodossa (si si, lo vedo il sciur Graham che attende la notte di Halloween per venire ad infestare la tua cucina e lanciare pugni di farina all’aire) questa ricettina me la segno, perchè il pane ha un aspetto eccezionale.
Cara Sabrine, il reverendo è stato lungimirante, ma sicuramente esagerato ed esagitato. Il pane a me piace fresco di forno e morbido, ma non mi sento una peccatrice per questo.:)
Il tuo pane sembra buonissimo. Adoro il pane “nero”. Più è scuro e più mi piace.
Grazie della bella pagina, è sempre un piacere leggerti.
Un abbraccio, Ada
Questo commento è stato eliminato dall’autore.
Forma perfetta per questo pane! Mi è venuto una meraviglia con i tuoi consigli. Spero che ne’ tu ne’ il reverendo ve ne abbiate a male se non avevo crusca in casa e ho fatto una miscela con farina integrale. L’unico problema di fare il pane in casa è che quando lo sforni, qualsiasi ora sia, non puoi resitere all’assaggio. Stavolta è toccato a burro e marmellata di arance. Il tupi invece, a colazione, ha optato per miele di abete. Un bacio. Non finirò mai di ringraziarti per avermi iniziata alla panificazione.
C’è stato un tempo che stavo arrivando al tuo blog e devo dire che è sempre interessante !