La gelatina di fragole
Vivo nell’ala plebea di un palazzo ad alto tasso di blasoni. Essendo nuova del quartiere (nel senso che non posso vantare generazioni di avi già residenti in queste stanze), la portinaia non perde occasione di presentarmi i vicini. Talvolta si spinge fino ai portoni dell’altro lato della via, perché qui tutti si conoscono, non foss’altro perché sono quasi sempre parenti. Per esser più precisi: foglie di rami diversi dello stesso albero genealogico…
Così non posso mettere in conto di uscire di fretta, perché c’è immancabilmente qualcuno con cui scambiare due battute di cortesia. La cosa non mi disturba, anzi stimola la mia curiosità antropologica. E mentre scendo le scale penso sempre a chi incontrerò nell’androne.
Ieri mattina ho trovato addirittura un capannello: la portinaia, una signora con il cane di quelli col muso da pipistrello (vivono accucciati nelle borsette e pare siano di gran moda) e un signore con i capelli cotonati di un colore non dato in natura. Stavano tutti e tre a testa bassa, osservando schifati un punto preciso del secolare selciato. Con tutto il rispetto per quei nobilissimi sassi, ho pensato a un topo morto, e ho subito cercato la traiettoria che mi evitasse di trovarmelo davanti. Ma era chiaro che non sarei sfuggita facilmente…
“La signora, poooverine!, è quella che c’ha sempre gli operai in casa…” ha esordito la portinaia con quella che è ormai la mia presentazione ufficiale (declamata strabuzzando gli occhi al cielo).
Il cotonato era l’ingegnere del terzo piano di due numeri civici più in là, la signora una sua cugina che vive di fronte. Il cane si chiamava Onorio e aveva un guinzaglio con attaccati degli scicchettosissimi sacchetti a colori: sembravano bandierine di preghiere tibetane, anche se certamente destinati a raccogliere ben più terrene, canine necessità.
“Signora, è un’indecenza. Non se ne può più di queste bestie…” ha borbottato l’ingegnere recuperando la posizione eretta. Poi si è fatto da parte perché dessi anch’io un’occhiata. L’idea di trovarmi vis a vis con una pantegana stecchita mi faceva girare la testa, e mentre a occhi socchiusi mi avvicinavo a quell’orrore, pregavo solo di non svenirci sopra.
Poggiata sui ciottoli levigati dal tempo – sui quali spiccava il suo nero cangiante dai riflessi blu, verdi e violetti – giaceva una lunga piuma d’uccello. Di una bellezza fuori dal comune.
“Si rende conto delle dimensioni?”
“… della piuma?”
“No signora – ha risposto saccente l’ingegnere – delle cornacchie! Siamo assediati: non ne possiamo più nel quartiere. Perciò ho preparato una lettera, che la invito a firmare, per sollevare il problema in Comune. Sa – ha aggiunto impettito – ho un amico assessore…”
“Ah…”
Si sarebbe meritato una risposta al fulmicotone, una di quelle mie che fanno tanto arrabbiare mio marito, ma non riuscivo a distogliere gli occhi da quella piuma: che tutto mi pareva fuorché appartenente a una cornacchia. Naturalmente mi sono ben guardata dal rivelargli che io certi pennuti li conosco, potendo godere, dalla mia cucina affacciata sui tetti, dell’intimità di una coppia che s’è accasata sotto un vecchio comignolo di fronte.
“Sono dei mostri!” diceva intanto preoccupata la mamma di Onorio (perdonate l’uso irriverente della definzione, ma era lei a presentarsi così). “La settimana scorsa mi hanno aggredito il cane mentre eravamo al parco!”
Per istintiva empatia, mi sono immedesimata nella cornacchia-aquila di turno: dall’alto, quella specie di Furby da borsetta doveva esserle sembrato niente più che un giocattolo per signore viziate.
Mentre l’agitazione saliva, con l’arrivo di un paio di altri abitanti della via, il tricosoufflé in giacca e cravatta mi sottoponeva a un interrogatorio incalzante.
“Secondo lei non sono cornacchie? E allora mi dica con cosa abbiamo a che fare…”
“E’ una piuma così bella… magari scopriamo che qualcuno ha in casa un uccello del paradiso!”
Sapevo di meritarmi un’occhiataccia.
“Oppure c’è in giro uno pterodattilo…” m’è scappato, un istante prima di ricordarmi che non avevano piume ma una pellaccia giurassica.
“Lei faccia pure dell’ironia, ma qui la situazione è gra-vis-si-ma! Questo Sindaco risparmia su tutto, ormai!”
Ha ragione: il Comune ha pochi soldi. E penso che se li avesse farebbe bene a destinarli agli asili, ai vecchietti, ai teatri e a un bel po’ di monumenti chiusi per mancanza di personale, prima di sguinzagliare per la città squadre di accalappia-cornacchie.
L’aria era quella appiccicosa, densa e umida di quando sta per scoppiare un temporale. Goccioline imperlavano la fronte del povero ingegnere, mettendo a rischio la delicata nuance della sua spumosa coiffure.
Fu in quell’istante che la vedemmo apparire dal fondo dell’androne del civico di fronte. Una figura tanto esile, che se non avesse camminato con divina eleganza l’avrei scambiata per una lampada da terra anni ’50, una di quelle che adesso si pagano a peso d’oro da un paio di antiquari del quartiere. Un tailleur di lino pesante con una sottile cintura in vita, calze velate e impeccabili, scarpe con tacco “educato”, guanti e borsetta da far brillare gli occhi a una vintage-victim. E sulla testa un cappello che pareva un ombrellone di paglia… ma era fatto di piume: nere cangianti, dai riflessi blu, verdi e violetti.
Al braccio di una di quelle che si definiscono badanti, ma con tutta l’aria di essere capacissima di badare a sé stessa, si avvicinò, salutò amabilmente senza fermarsi, e si diresse a passettini eleganti ma decisi verso la pasticceria all’angolo. Di lei, un attimo dopo, era rimasto solo un lieve profumo di colonia d’altri tempi.
Ci fu un lunghissimo silenzio: persino Onorio Della Borsa aveva smesso di produrre i suoi guaiti da cane-pipistrello.
“Ma… non era mancata di recente?” disse con un filo di voce il persecutore di cornacchie, cercando con lo sguardo complicità tra gli astanti.
“Nooo… quell’era del piano di sopre!” gli rispose la portinaia. “Questa qua ha compiuto novantaquattr’anni l’altro ieri, diolabbenedica! Ingegnere, lei va abbrusselle e qua ci perde il conto…”
Quando le prime gocce iniziarono a cadere, mi girai istintivamente verso quelle sue sventurate chiome fresche di tinteggiatura: ero certa che un rivoletto di colore gli potesse scivolare sul colletto. Nel caso, non sarebbe stato carino star lì ad aspettare che il capolavoro del suo barbiere si liquefacesse: l’inizio di giornata era già stato sufficientemente impietoso.
“Ingegnere, mi ha fatto molto piacere conoscerla. Quanto al suo amico assessore, non so se si occupi anche di cappellini per signora…” e tendendogli la mano gli allargai un sorriso.
Quando entrai in pasticceria, lei era ancora lì. Annotai mentalmente ogni particolare, mentre con calma bevevo il cappuccino. E conclusi che quell’essere pieno di charme andrebbe assoldato dal Comune per andare in giro a spiegare alle signore che si può invecchiare con grazia, continuando a spargere bellezza intorno a sè.
La pioggia aveva smesso di cadere. Non c’erano pozzanghere. Piccole perle d’acqua rendevano più bella la vetrina del fruttivendolo di fronte. Attraversai la strada con le mie ballerine ai piedi. E mi accorsi che un cesto di fragole mi faceva l’occhiolino…
S.
LA GELATINA DI FRAGOLE
INGREDIENTI
fragole: 500 gr
miele: 2 cucchiai
limoni: un paio (vi servono 80-100 ml di succo)
Sciacquate le fragole sotto l’acqua corrente, asciugatele ed eliminate il ciuffetto verde. Fatele a pezzi piccoli e gettatele in una pentola d’acciaio a bordi alti. Accendete il fornello e – mescolando perché non attacchino – fatele cuocere 5-10 minuti finché non sono quasi completamente disfatte.
Passatele al colino, aiutandovi con un cucchiaio (vi ci vorrà un po’ di pazienza, sappiatelo): poche alla volta, cercando di lasciare nel colino il meno possibile (cioè i semini e un po’ di fibre).
Quando avrete finito, rimettetele sul fuoco con il succo di limone e il miele, e fate cuocere finché la gelatina non sarà della giusta consistenza (date un’occhiata alle foto: non aspettatevi che faccia blob-blob, si addenserà nei giorni successivi).
Versatela nel vasetto e, una volta raffreddata, conservatela in frigorifero.
Quanto agli scarti – cioè semi e polpa di fragola rimasti a più riprese nel colino – utilizzateli per preparare dei vasetti di yogurt, fiocchi, e un dolcificante a scelta (miele, sciroppo d’acero o di mais, golden syrup): sono una merenda deliziosa…
Madame ha scoperto Instagram…
Quelli più attenti se ne saranno accorti dalla foto di apertura del post: complice un nuovo sistema operativo che ha reso un po’ meno antidiluviano il mio cellulare (che mi dicono si chiami ormai smartphone…), ho scoperto che esiste una cosa chiamata Instagram. Mi piace perché mi permette di raccontare in un altro modo quello che avviene in questa mia cucina, come se la guardassi da un’altra prospettiva… Insomma, un’altra stanza che si aggiunge a quella su Facebook e a questo blog. Il quale, vi avverto, si appresta a cambiare faccia – ma non cuore – tra non molto. Insomma, una piccola ventata di novità ci vuole, dopo quasi cinque anni e 200 post … 200 post?!? … Mon dieu de la cuisine!
Ingredienti: fragole • limone • miele
Iniziare la giornata con un tuo post mi allarga il cuore, sempre.
E mi fa anche sorridere, ero lì con te a guardare la piuma e… il “furby da borsetta”!
Che bello leggerti tesoro…sono qui con la mia tazza di tè e mi sono persa nel tuo racconto che come sempre è cosi ricco di sfumature e di dettagli del tuo mondo che ogni volta resto affascinta!!Il mio sogno è invecchiare proprio come la signora dal cappello piumato, con dignità ed eleganza!!
Se avessi quel barattolo di gelatina qui credo che lo farei fuori in un giorno,davvero golosissima!!Bacioni,Imma
Arianna Frasca: Cara Arianna, grazie! Per me condividere certe storie è un po’ come raccontarvele seduta al mio piccolo tavolino da bistrot… solo che lì non si può stare in più di due alla volta! Ritrovarvi è sempre molto bello, poter rileggere i vostri commenti – anche a distanza di tempo – è un autentico regalo. Un po’ come un vasetto di gelatina di fragole… Grazie!
Dolci a gogo: Cara Imma, io darei non so cosa per invecchiare come la signora col cappellino di piume… era elegantissima, con tutti quegli accessori fuori del tempo ma inappuntabili! Ti dirò, dal giorno sbircio sempre nell’androne di fronte nella speranza di rivederla. Non so se apprezzerebbe un vasetto della mia gelatina di fragole, ma magari… Un caro saluto e a presto!
Il tuo racconto mi ha molto divertita. Mi fa comprendere come, si possa cambiare quartiere, paese, provincia o regione, ma le ‘attenzioni’ rimangano sempre quelle. Futili attenzioni, che spesso non hanno la stessa leggerezza delle piume.
Questa leccornia che ci proponi è fantastica.
Un baciotto
Rebecka: I rapporti di vicinato sono sempre conditi da un bel po’ di curiosità, che può sconfinare perfino nel pettegolezzo. Ma basta prendere tutto con leggerezza ed ironia… la leggerezza di una piuma, con la quale anche a novant’anni si può attraversare la vita. O quella di una gelatina di fragole, che aggiunge colore anche a una giornata di temporale. Ciao Becky!
Tu,SABRINE, signora che hai sempre gli operai in casa, ogni volta mi fai venire un dolce sorriso sul viso.
Ti ringrazio per questo, e ringrazio anche quelle rosse fragole che hanno catturato il tuo sgurado attento … nonostante l’ora mi è venuta voglia di replicare subito la colazione!
Buona giornata, che dopo la pioggia talvolta può spuntare anche un arcobaleno
O, come vorrei vivere vicino a te!…
nasinasi
miciapallina
p.s. Elloso di Istagram! Ti seguo da stamattina!
Martina: Vuoi che te la racconti proprio tutta, a proposito di operai in casa? Ormai mi sono fatta la fama di quella capace di far funzionare anche i più complicati cantieri, così la settimana scorsa l’ho passata praticamente in casa di una coppia di amici disperati dopo due mesi di lavori inconcludenti… E’ che mi sono vergognata a raccontare pure questa… Mia madre mi dice sempre: “Ma ti rendi conto che a vivere come vivi tu, rischi che non ti creda nessuno?” E invece è tutto vero… Capisci perché il sorriso debbo farmelo venire per prima io? Per sopravvivere a questa mia esistenza da nomade, perennemente a zonzo tra una casa e l’altra. D’altronde l’idea del blog mi era venuta anche per questo: avere a portata di mano le mie ricette ovunque. Adesso, a quasi cinque anni di distanza, ogni volta che entro in questa piccola cucina virtuale non ci trovo solo le mie ricette: ma anche tanti amici. Grazie! E… ti consiglio la gelatina di fragole, con avanzo deliziosamente riciclabile.
miciapallina: Ci avrei giurato: me lo sentivo! E’ che gli amici di FRAGOLE A MERENDA sono tanti, e io perennemente in giro e con la testa un po’ per aria (non solo a causa degli aerei…). Ma appena mi fermo a leggere e assaporare ogni saluto, ogni gesto d’affetto, beh… mi pare di conoscervi uno per uno: da sempre. Sapere poi che ho anche degli aspiranti vicini, mi inorgoglisce moltissimo! Potremmo mettere in ogni androne una piuma diversa (compresa una del piumino col quale la portinaia finge di spolverare l’ascensore…) e divertirci a seguire l’ingegnere cotonato nelle sue indagini. Credo sarebbe molto, molto divertente… Arrivederci a prestissimo su Instagram (che essendo strumento più veloce, ci consente di essere in contatto quasi quotidiano). E un caro abbraccio
Come mi mancavano i tuoi post! Anche io rimango sempre affascinata dalle signore d’altri tempi e dalla loro cura. La mia nonna era così: turbante, collana di perle, chignon e spilla con cameo sul bavero del cappotto o del soprabito. E quell’acqua di colonia che hai descritto così bene…
Bentrovata su instagram! Un abbraccio e a presto.
lucyinvacanzadaunavita: Innanzitutto grazie: quando passa così tanto tempo tra un post e l’altro (ma vi racconterò anche questa…) la prima ad essere felice di ritrovarvi sono io! Quanto alle signore, a guardarsi attorno per strada verrebbe da dire che siano praticamente estinte. Tacchi e luccichini da discoteca di prima mattina, trucco da comparsa dell’Aida (la definizione era di mio padre, melomane…), vocabolario da caserma, scollature, pance all’aria e sguaiataggini varie esibite come trofei di gioventù… ci sarebbe da farsi venire una gran tristezza, a riflettere sulle sorti del genere umano femminile, se non fosse che le donne autentiche – a cercarle col lanternino – esistono ancora. Hanno facce rese intense dalla vita, la grazia del senso dell’opportunità e della misura, e coltivano la propria femminilità senza aggredirla a colpi di machete. Magari non portano più il turbante (cosa mi hai fatto ricordare!) e la spilla con cameo, ma sono “signore”, donne vere. A dire il vero, mi capita di incontrare anche giovani ragazze capaci di tutto ciò, e ne sono felice. Insomma: un lumicino di speranza… Un abbraccio anche a te! A presto
Che fine ha fatto la splendida piuma sul marciapiede? Non se la sarà mangiata pussydog, vero? Chissà che fatica hai fatto a trattenerti dal raccoglierla.
Di una grazia senza pari cara Madame d’Aubergine…
Proprio qualche giorno fa ho postato una frase del figlio di Audrey Hepburn che appunto raccontava come la madre era invecchiata intelligentemente.
Le Signore âgées hanno molto da insegnarci…
Merci come sempre per i tuoi racconti che, non so perché mi riconducono sempre alla mia infanzia e alla mia adorata mamma e alla sua meravilgiosa amica Madame Mutter…
Luce
Ah invecchiare con charme senza mai cadere nel ridicolo,che rarità al giorno d’oggi! Ma come tu giustamente dici donne autentiche che sanno anche essere signore nel senso migliore del termine, ne esistono ancora e di tutte le età! Come sempre è un grande piacere leggerti ,grazie di cuore! Baci Alda.
La mia cassettina di fragole è stata trasformata in marmellata, per la prima colazione, per la merenda, per arricchire lo yogurt…
Adesso – visto che mi consolo con le fragole quando nelle vetrine cittadine non trovo nulla che faccia al caso mio (tutto troppo: troppo corto, troppo attillato, troppo scollato, troppo vistoso) – potrebbe toccare alla gelatina, anche se non avevo mai pensato di usare il miele come dolcificante per questo tipo di preparazione.
A presto, dovunque sarà aperta la tua cucina
Claudette
p.s. il padre melomane? ce l’ho anch’io… Callasiano per giunta!
Sabrine, è sempre un piacere leggerti……sia che racconti una storia sia che condividi una ricetta…..ciao
Isafragola: Cara Isa, a me le piume hanno sempre fatto un certo senso – non saprei dirti perché – per cui non me ne sono preoccupata. Ma ho seri dubbi circa il fatto che il Furby da borsetta se la sia mangiata: fosse stato un onesto cagnone da pastore, uno di quelli che magari una cornacchia sono capaci di acchiapparla per farne uno spuntino, sarebbe stata un’altra storia. Ma quello aveva tutta l’aria di essere pasciuto a sushi per cani, bocconcini alle erbe e altre cose contrarie alle leggi della natura: una piuma l’avrebbe strozzato, facendo morire la padrona di crepacuore… però, mica male come vendetta delle cornacchie… Un abbraccio Isa (e m’immagino il tupi ormai grande…)
Lucietta: Hai citato un caso esemplare, una donna che nonostante sia vissuta sotto i riflettori ha saputo rispettare se stessa. Ci vogliono equilibrio, senso dell’armonia, saggezza, e credo anche molta curiosità nei confronti della vita, di come possiamo trasformarci e continuamente riscoprirci… sennò sarebbe tutto una gran noia! E adesso sarei curiosa di saperne di più su Madame Mutter. Per esempio: le sarebbe piaciuta la gelatina di fragole?
alda: Cara Alda, la vita è una sfida continua: mica si può sempre imbracciare il bazooka! Io preferisco andar di fioretto, schivare con leggerezza gli ostacoli e prendermi il gusto della stoccata, di tanto in tanto. E soprattutto sorridere, e ridere di me (innanzitutto) e un po’ anche degli altri. Che non significa additarli con antipatia, ma considerarli – per l’appunto – nella loro umanità. Del resto mi dico sempre che non c’è sceneggiatura più sorprendente della vita vera: basta osservarla con gli occhi aperti per davvero… Grazie a te per le tue parole, generose e piene d’affetto. E spero tu possa apprezzare, al primo cesto di fragole disponibile, anche questa semplicissima gelatina, che rende felici innumerevoli merende e colazioni a casa nostra. Ciao!
Claudette: La marmellata di fragole è semplicemente adorabile… proprio perché è una delle più semplici da fare. Questa gelatina, che a dir la verità è una quasi-gelatina (nel senso che rispetto alla marmellata ha una consistenza più fine, ma non traballa facendo blob-blob e non è trasparente) richiede in più solo il passaggio al colino (ci vuole un po’ di tempo e di pazienza), ma ha una consistenza cremosa. E poi: pochissimi zuccheri! Insomma, nella sua semplicità è un concentato di sapore di fragola… Perciò vedi tu, al prossimo giro in città, se lasciarti attrarre dalle vetrine delle boutique o da quelle dei fruttivendoli: dalle mie parti sono praticamente indistinguibili, almeno quanto a raffinatezza nell’esporre la merce e soprattutto a prezzi… ed è il motivo per cui amo i mercati. Il miele? Ti sorprenderà, perché lascia alla frutta ampia libertà d’espressione (assai più dello zucchero…). E adesso, dovunque tu sia, un abbraccio: caro, come meritano i tuoi commenti…
PS: padre melomane, come la sottoscritta: la prima opera a sei anni…
francu e vale: Grazie! E sarà forse per questo che a me piace raccontare storie, come contorno alle ricette. Il che è quanto accade di norma in cucina: non solo nella mia… A presto!
Cara Sabrine, noto una evoluzione creativa nella tua capacità di “pensare” le immagini da fotografare, “catturare” il momento magico e “trasferirlo” a noi lettori.
In questo caso mi è piaciuta moltissimo la foto dell’orchidea. Un gioco di luci meraviglioso.
Davvero notevole (lo dico da profano ma non occorre essere un artista per apprezzare l’arte).
Paolo
Il tricosouffloè varrebbe di per sè già tutto il racconto! Sei sempre btravissima e coinvolgente nello scrivere..Io ormai te l’ho detto un sacco di volte…DEVI SCRIVERE UN LIBRO! Un abbraccio, Martina
E’ da quasi un anno che ti leggo con piacere ed attendo i tuoi post come l’uscita del mio romanzo preferito e le foto sono bellissime.Scusami per il tu e grazie per i tuoi racconti…ciao Laura
Benritrovata (come sempre, tutte le volte che ti riaffacci qui).
🙂
Non vedo l’ora di vederti in vesti nuove. Anche io, dopo quasi 5 anni, dovrei fare il cambio dell’armadio, ma se trovo difficilmente il tempo per completare quello vero, penso che non riuscirò a cambiare anche quello virtuale..
😉
e nel frattempo cerco di convincermi che tanto…è la sostanza che conta!!
Gaia, credimi: è la sostanza che conta… Un abbraccio!
hai un’attenzione per i particolari decisamente gradevole
e le foto che hai proposto sono semplicemente deliziose…
Ciao, questa ricetta essendo assai facile e anche assai bella da vedere mi è per l’appunto piaciuta assai. Una cosa, ma secondo te sostituendo il miele con l’agave può venire uguale?
Ti ringrazio, ciao teresa
Cara Teresa, perdona il ritardo con il quale ti rispondo. Agave: spiacente, ma non ne so nulla, almeno dentro una gelatina di frutta. Però ci proverei… a questo punto alla prossima stagione! Perché magari le fragole te le vendono anche a dicembre, ma scordati di far addensare una gelatina senza pectina aggiunta se usi frutta non freschissima… Un caro saluto!
beautiful pictures!! looks so good and delicious <3
Thank you! It’s simple, and delicious…
Che meraviglia!!!! Non posso non seguirti! Ciao! <3
Grazie!
Carissima, ho scoperto da poco il tuo blog e sono già in attesa trepidante del tuo libro che giovedì finalmente varcherà la porta di casa mia. Adoro leggere le tue ricette come dei romanzi, immaginare attimi di vita ed esperimenti in cucina.
Grazie al tuo garbo, alla tua raffinatezza mai ostentata, alla tua travolgente energia mi hai regalato ore liete.
In attesa di inviarti la foto del tuo libro, un caro abbraccio.
Roberta.
Cara Roberta, grazie! Il libro è per me un altro modo di raccontare questa mia piccola cucina, che mi ostino a considerare niente affatto virtuale: non foss’altro perché la trovo sempre piena di gente “vera”! Sono felice che tu abbia deciso di ospitare “Fragole a merenda” in casa tua: spero ti faccia compagnia… e ti faccia cucinare! Se avessi bisogno di una mano per qualche ricetta, sai dove trovarmi. E adesso aspetto con trepidazione una tua foto: sarà il ponte tra le nostre due cucine…
Un caro saluto e a presto!