Cavolo cappuccio rosso caramellato

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CAvolo rosso caramellato, by FRAGOLE A MERENDA

A me i cavoli piacciono tutti: bianchi, verdi, violetti e pure neri. Romani, di Bruxelles, e anche cinesi. Cappucci, cavolini o broccoletti (e qui mi fermo, perché sta diventando una poesia di Trilussa…). Ne cucino in quantità, e la sfida è fare in modo che sappiano – ma non puzzino – di cavolo, perché io ci faccio di tutto: dalla vellutata al soufflé, passando per le polpette e la crostata.

Il cappuccio rosso è uno di quelli che ho frequentato meno: ci siamo conosciuti tardi, ed è un peccato. Di lui mi piace il carattere difficile, da campagnolo un po’ altezzoso. Non è tipo da accompagnarsi a tutti, e se non lo trattate con le dovute maniere è capace di infliggervi una punizione misurata, ma tagliente: vi ignora. Non nel senso che non si lascia cucinare, ma perché se ne sta lì senza trasmettervi nulla, né sapore, né profumo: solo una punta di fastidiosa acidità, perché il suo sdegno non passi inosservato.

Ci ho dovuto prender le misure con questo cavolo, informarmi bene su chi era e cosa gradiva prima di ospitarlo nelle padelle di casa. E non è stato facile, perché di ricette italiane gliene hanno dedicate pochine rispetto agli altri suoi parenti (d’altronde, se uno fa il difficile non può pretendere ruoli da primadonna…). Così le ricette che ho sono scritte in inglese, come questa della mia amica Brenda, o in francese: e con il passaggio dei foglietti al blog me le traduco in via definitiva.

Questa è la più semplice e la prima che tanti anni fa ho sperimentato. Da allora accompagna alcuni secondi di maiale e sostituisce la mostarda con il bollito a casa nostra.

 

CAVOLO CAPPUCCIO ROSSO CARAMELLATO

INGREDIENTI

cavolo cappuccio rosso: 1/2
cipolla dorata : 1 di media grandezza
scalogno: 1
zucchero integrale di canna: 4 cucchiai
aceto balsamico: 2 cucchiai
olio extra-vergine di oliva: 4 cucchiai
sale

Premessa: questa è una ricetta per mezzo cavolo. Non ce l’ho coi cavoli interi. Semplicemente bisogna ridurlo a fettine così sottili che… lievita! … cioè diventa tanto, e per cucinarlo tutto ci vorrebbe una padella da ristorante.

Adesso che conoscete il perché del vostro mezzo cavolo, lavatelo, toglietegli le foglie esterne, tagliate via il torsolo, dividetelo in due e fatelo a fettine più sottili che potete, sapendo che l’unico pericolo che correte è di ritrovarvi le dita blu come la faccia di un Tuareg del Sahara. Sbucciate e lavate la cipolla e lo scalogno, tagliateli a metà per il lungo e fateli a fettine sottilissime (qui il pericolo è uno solo e lo conoscete tutti: adottate i rimedi che conoscete).

Fate andare in una padella antiaderente la cipolla e lo scalogno con quattro cucchiai d’olio e rimestate spesso per non farli attaccare. Quando saranno divenuti quasi trasparenti gettatevi il cavolo e saltatelo a fuoco vivace per cinque minuti. Poi aggiustate di sale e continuate la cottura con il coperchio, aggiungendo se è il caso un po’ d’acqua (non deve galleggiare…).

Quando il cavolo sarà cotto (ci vorrà circa un quarto d’ora in tutto, lasciatelo croccante perché le verdure moscie sono un supplizio) mettetelo da parte e utilizzate la padella – senza lavarla! – per preparare il caramello. Fate scurire lo zucchero a fuoco dolce rimestando con il cucchiaio di legno e appena diventa liquido e scuro aggiungete l’aceto balsamico: lo zucchero prenderà una consistenza più dura e formerà una specie di grumo, ma voi non mollate e continuate a mescolare, aggiungendo anche tre-quattro cucchiai d’acqua. Quando il tutto avrà ripreso l’aspetto di una salsina marrone senza grumi, buttateci il cavolo e fatelo insaporire qualche minuto.

Servitelo caldo: è perfetto con il maiale, ma accompagna egregiamente qualunque carne arrosto o cacciagione.

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Di come un cavolo rosso può lasciare tracce blu
La prima volta che un cavolo cappuccio rosso entrò in casa nostra ce la ricordiamo ancora.
All’epoca stavo preparando un esame di Storia Medievale e trascorrevo i pomeriggi con una collega discettando tra l’altro di ordini monastici e di abbazie. Mia figlia, seconda elementare, giocava per casa senza che le sfuggisse nulla di quel che dicevamo. Tanto che qualche giorno prima, aveva voluto prender parte ad una visione familiare tutti-sul-divano de “Il nome della rosa”, che aveva scatenato la sua immaginazione.
Il cavolo? Avevo letto qualche ricetta su come cucinarlo, ma nessuna che fornisse indicazioni su come maneggiarlo. Così, ignara, lo affettai a mani nude, o meglio: armata di solo coltello. Le urla di mia figlia, quando entrò in cucina, ci fecero temere l’arrivo della forza pubblica: “Adesso muoooriii!” e giù lacrime, mentre mi fissava con una gallina di peluche sottobraccio. Ci volle un buon quarto d’ora per capire che vedermi con i polpastrelli blu e immaginarmi a far la fine dei monaci di Umberto Eco era stato un tutt’uno.
Da allora, il cavolo rosso lo maneggio solo con i guanti di gomma. Se poi – come in questo caso – devo affettare anche scalogni e cipolle, mi metto pure gli occhiali da sole. Sicché, così bardata e armata di coltello potrei far urlare anche un adulto se entrasse all’improvviso in cucina senza sapere cosa sto facendo: in fondo, i serial killer sono persone insospettabili finché non li scoprono…