Le due di notte non sarebbero ora da mettersi a scrivere un post: soprattutto se gli occhi reclamano un incontro ravvicinato con qualcosa di diverso dallo schermo del Mac.
Per la verità, non ci sarebbe nemmeno da scrivere un post senza ricetta, se questo fosse un foodblog serio.
Ma si dà il caso che il tempo scorra ultimamente a ritmi molto insoliti, in questa mia cucina sospesa sui tetti: non ha più il passo regolare di una volta… Per esempio, in questi giorni sono nel bel mezzo di un’accelerazione di quelle da togliere il fiato, una corsa a ostacoli emozionante che quasi m’impedisce di accorgermi di quello che si muove intorno a me.
Così può accadere che io controlli la posta ad ore insolite – che so, diciamo le due e venti del mattino – e che mi accorga solo grazie al commento di un lettore che proprio oggi (anzi, due ore e venti fa) sono tre anni che questa folle corsa è cominciata.
E allora, anche se i compleanni non mi hanno mai emozionata più di tanto, il letto può aspettare ancora un po’. E metto giù queste righe che non sono un vero post, ma una di quelle cartoline che si spediscono agli amici da lontano…
Avrei un sacco di cose da raccontarvi: calce e farina, imbianchini, marmellate e fantasmi (sì, Agostino è tornato…). E tante ricette… perché voi non ci crederete, ma sto anche cucinando, nonostante un progetto che mi tiene incollata alla scrivania da qualche giorno.
E poiché il nostro studio non era più in grado di contenere tutti i fogli, le pile di appunti e la lunga lista di carabattole che mi servono a portata di mano, ho traslocato in sala da pranzo, ospite di una vecchia conoscenza… Ve lo ricordate il tavolo-seppia? Quello che macchiava di nero chiunque osasse avvicinarsi… Beh, dopo non so quante passate di cera si è ammansito: ha accettato di ospitarmi con il mio ufficio itinerante.
Così cucino pure, intanto che le dita scorrono sulla tastiera, le matite si accorciano (sì, le uso ancora: quelle con il gommino in fondo…), e i fogli migrano da una pila all’altra. Ricette trascritte sul mio taccuino nero, in attesa di una foto per potervele raccontare. Forno acceso (mi rassicura), zanzariere abbassate (idem), e una grandissima voglia di andare a correre al parco prima di iniziare la giornata (non ancora possibile, a meno che voi non distraiate il mio menisco e lui si dimentichi di me per un po’…).
E adesso che è ormai domattina, gli occhi mi si chiudono per davvero. Vi devo salutare: non posso mica continuare a girare con delle occhiaie da paura… (di fantasma ne abbiamo già uno, in questa casa).
Ma sono felice di aver scovato questa foto in una cartella dimenticata: l’ho scattata un anno fa, in un ozioso pomeriggio d’estate. Due fragole scappate dalla ciotola ballano il paso doble in attesa della merenda…
Così volteggio io, adesso, in questa mia cucina…
S.
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P.S.: sono un po’ indietro con un sacco di cose, in queste settimane, compresa la corrispondenza del blog. Leggo le vostre mail, rido tantissimo, mi commuovo a volte: e concludo che c’è al mondo un sacco di gente fantastica. Conto di riuscire a rispondere a tutti appena avrò un po’ di tempo, ma intanto: grazie…